Ccr, Tremila metri cubi di scorie sono ancora nell’Area 40
Un piano di disattivazione prevede lo smantellamento progressivo dei rifiuti stoccati nella zona "off limits" dell'Istituto di ricerca
Era un carico decisamente fuori dal comune quello che, circa un mese fa, è stato trasportato da alcuni tir partiti dal Ccr di Ispra. In ogni bilico infatti era stivata una parte dei "rifiuti nucleari" quelli che, progressivamente, il sito di Ispra sta eliminando dai suoi depositi. Un "viaggio di routine", quello di quel gruppo di trasportatori, che è parte del programma pluriennale di disattivazione del Centro dai residui accumulati in oltre trent’anni di ricerca sul nucleare. Sono quelli custoditi nell’Area 40, una zona super protetta, dove ancora oggi – a distanza di anni – sono custoditi e stoccati quelli che vengono chiamati "rifiuti solidi": il prodotto dei tre reattori nucleari che un tempo si trovavano all’interno della struttura. Rifiuti che, dopo aver detto addio all’energia atomica, il Centro di Ricerca deve gestire, sorvegliare e smantellare. Per farlo è stato sviluppato un programma che si spalma in più anni e che dovrebbe concludersi entro il 2020 con la rimozione totale delle strutture obsolete. Ma a che punto è oggi lo stato dei lavori? Sono ancora tremila i metri cubi di scorie stoccate negli edifici protetti del Ccr. Sono materiali conservati in appositi contenitori metallici sigillati, provvisti di informazioni tecniche per la loro identificazione e che, secondo le informazioni fornite dall’istituto di ricerca, conterrebbero un basso livello radioattivo.
Il processo per l’eliminazione dei rifiuti è articolato in fasi: la prima prevede la rimozione dei materiali e gli elementi non permanenti nell’impianto, segue lo smantellamente e la rimozione di quasi tutti gli altri materiali radioattivi per concludersi con la riduzione di quasi tutte le scorie e con un’indagine radiologica finale per attestare lo stato finale del sito. Tutto ciò, oltre a richiedere estrema attenzione, ha anche un costo non indifferente: 645 milioni di euro.
L’attività di disattivazione viene eseguita da personale tecnico specializzato e dotato di tutte le licenza richieste per questa attività dallo stato italiano.
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