Don Pino Tagliaferri, una vita da prete di frontiera

25 anni fa arrivò alla parrocchia di Biumo Inferiore dopo un'esperienza nella rossa periferia milanese. «Con la Lega Nord c'è confronto, ma non posso rinunciare ai miei principi cristiani»

Don Pino Tagliaferri ha mani possenti e sguardo passionale. «Io vengo dalla montagna» dice con umiltà camuffata da orgoglio. E lo ripete con convinzione, perché sa che non è peccato. Primo di sei figli, di una famiglia originaria di Pagnona, paesino della Valsassina, in provincia di Lecco, don Pino è da 25 anni parroco di Biumo Inferiore. Arrivò a Varese nel 1983, dopo un’esperienza «caldissima» a Novate Milanese, conosciuta come la seconda Stalingrado d’Italia. La prima era Sesto San Giovanni.
Nel giugno del 1964, appena ordinato sacerdote, viene mandato nella fossa dei leoni. L’ordine perentorio della curia milanese è di andare. Lui ci va, senza nemmeno voltare lo sguardo alle sue amate montagne. E così don Pino si trova in trincea nella sconquassata periferia milanese. Di lì a poco ci sarebbero state le grandi contestazioni studentesche, le lotte operaie, il terrorismo e la droga. «Ero un pretino e mi ricordo che facevo i funerali ai ragazzi ammazzati a sprangate. Dopo le ore passate all’oratorio scendevamo verso la bassa, la Comasina, a parlare con i ragazzi per le strade. Tra questi c’era anche Renato Vallanzasca, il bel René, che veniva a giocare a pallone nel nostro oratorio. Era una vita intensa e il mio ministero sacerdotale era di lotta. Sebbene fossimo circondati dai rossi, c’era un rapporto franco, leale, umano, fatto di ideali forti».
Nell’enclave comunista don Pino è amato e rispettato dal popolo e dagli altri preti, per i quali è un punto di riferimento. «Quando ho lasciato Novate Milanese, l’oratorio maschile contava 804 iscritti, quello femminile 627. I capi comunisti mi affidavano i figli».
L’opera di quel «pretino» non passa inosservata e così la curia decide di spedirlo in «missione» a Varese per risollevare le sorti di Biumo Inferiore. Il distacco da Novate non è però semplice. Il ricordo e l’impronta di don Pino sono così forti che i parrocchiani milanesi decidono di fare un corteo di oltre cento macchine per «scortarlo» nella sua nuova destinazione.
«Scelsi di partire a piedi da piazza del macello civico, dal confine della parrocchia. La gente di Biumo Inferiore la prima volta l’ho vista alle finestre, poi l’ho vista scendere sul marciapiede e infine sulla porta dell’ufficio parrocchiale. All’inizio c’era la chiesa vuota, poi è stato tutto un crescendo di reciproca accoglienza, giorno dopo giorno. Questa comunità senza paura ha avuto il coraggio di accogliere la mia umanità».
Da una frontiera all’altra, dunque. Don Pino Tagliaferri si trova catapultato nel cuore della Lega nord, in un quartiere a forte immigrazione straniera. «Io ho sempre avuto rapporti cordiali e franchi con le autorità civili e politiche. Ma dal punto di vista caratteriale, filosofico e cristiano non posso accettare il discorso della Lega Nord. La fermezza dei principi prima di tutto e quando parlo di principi intendo il grande rispetto per la diversità, l’accoglienza, il confronto con tutti, quando è possibile e nel rispetto della legge. La parrocchia deve avere una grande forza mediatrice della realtà e l’immigrazione fa parte di questa realtà. Io ricevo almeno 8 immigrati al giorno. Non a tutti dico sì, ma ho il dovere di ascoltarli».
Sulla parete del suo studio c’è una foto di un incontro avvenuto nel novembre del 1985 a Roma con Papa Carol Wojtyla in occasione della beatificazione di monsignor Marzorati. Come tra i sogni di un soldato semplice c’è anche quello di diventare generale, così nei sogni di un prete ci puo’ essere anche quello di diventare pontefice. «Se fossi diventato Papa avrei fatto santo mio padre Placido, un uomo che mi ha insegnato il senso morale della vita. Faceva il muratore e dormiva in una baracca sei giorni alla settimana. Quando tornava a casa facevamo a gara per portargli la borsa, perché dentro aveva sempre un pezzo di pane per noi. Da lui ho imparato cordialità, accoglienza, fermezza e tanta fede. “Prima il rosario e poi la televisione” diceva ai miei fratelli. La miglior predica che abbia mai ascoltato».
La più bella testimonianza per un sacerdote di lungo corso come don Pino è sapere che alcuni dei suoi parrocchiani hanno deciso di raccogliere il testimone. A Biumo Inferiore sono molti i laici che lo aiutano nel difficile trantran quotidiano e, negli ultimi anni, ci sono state almeno cinque vocazioni sacerdotali. «Un prete puo’ fare tante cose in una parrocchia, ma non puo’ essere tale senza una vita spirituale intensa. È per questo che ai giovani dico: abbiate fiducia in voi, coltivate ideali più grandi di voi. Perché senza ideali e desideri anche un ventenne è già vecchio». 

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Pubblicato il 11 Aprile 2008
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