Ecco le nuove accuse dell’infermiera che vide Uva in ospedale

Che cosa ha detto Assunta Russo a Lucia Uva? Due cose, che gli orari di registrazione in ospedale sono sbagliati e che i colleghi ora ce l'hanno con lei

Le nuove indagini sul caso Uva dovranno appurare se i particolari rivelati dalla dipendente dell’ospedale presente quella notte in pronto soccorso siano importanti, siano fondati, abbiano una rilevanza. Nella registrazione depositata agli atti ieri si sente Lucia Uva parlare al telefono con Assunta Immacolata Russo, l’Asa che vide Beppe Uva arrivare in ambulanza. La donna ha già testimoniato (anche a "Chil’havisto?"), ma alla sorella della vittima ha aggiunto due particolari: il primo è che secondo lei tutto avvenne non alle 5 e 45, ma alle 5 e 25, cioè venti minuti prima della registrazione al triage del pronto soccorso. La seconda è che l’infermiere del triage le avrebbe chiuso la porta del pronto soccorso per non farle sentire nulla del suo colloquio con Uva.

L’UDIENZA DEL 30 GIUGNO, RINVIO E NUOVE INDAGINI

La prima affermazione potrebbe essere oggetto di verifica confrontando le altre testimonianze fin qui raccolte, la seconda affermazione è più delicata ma potrebbe anche essere figlia di un certo astio che traspare nei confronti dell’infermiere del triage (Assunta Russo lo accusa di averla trattata male). «Io mi ricordo che mi ha chiuso la porta arancione – dice la Russo nella registrazione – in quel momento ero rimasta anche male...cosa mi chiudi la porta, per non far sentire? Così adesso la sua verità è la sua verità…». La Russo tuttavia ammette che il collega disse a Uva che avrebbe voluto parlare con lui da solo, una circostanza che l’infermiere ha spiegato ai giudici almeno due volte in questi termini: voleva stare da solo con Uva, senza pressioni, per chiedergli se i carabinieri lo avessero picchiato. Quello che per l’infermiere era dunque solo un modo per evitare che Uva fosse condizionato dalla presenza delle forze dell’ordine è stato interpretato da Assunta Russo come una volontà di escluderla dalla scena della verità: «…lui mi ha chiuso la porta arancione e non lo so che cosa si sono detti».

Oggi la Russo accusa anche i colleghi di averla un po’ isolata e i magistrati di aver sentito le persone sbagliate : «…io non ho paura di nessuno, a testa alta… hanno sentito 32 persone che non c’entrano niente…».

I TEMPI SBAGLIATI
Ma tornando ai tempi, la sostanza è che la Russo apre una finestra temporale antecedente alle 5 e 45 per collocarvi la scena accaduta in pronto soccorso e dice che in quel lasso di tempo i carabinieri hanno trasportato Giuseppe fuori da uno stanzino e lo hanno messo esanime su una barella. Secondo lei solo successivamente Uva è stato registrato al triage, alludendo quindi al fatto che sia accaduto qualcosa di grave. Il dialogo va un po’ chiarito meglio ed è anche per questo che il giudice ha chiesto l’intervento di un perito. «Va che tuo fratello non è arrivato alle 5 e 45, tuo fratello è arrivato anche 5 e 25, e questa è la cosa importante. Tuo fratello è stato triagiato quando tutto era già successo, tutto quello che io ho visto e sentito era già successo……Uva è partito dalla caserma alle 5 e 15, a che ora potrà essere arrivato? Alle 5 e 25, quando loro hanno parlato non sono bugie, dopo è successo, sarà successo dopo……devono stare attenti all’orario, è questo che il pm ha sbagliato, alle 5 e 20 è entrato in ps….lui diceva, chiamatemi mia sorella, chiamatemi mia sorella, mi hanno picchiato, mi hanno picchiato…io mi sono accorta di quando hanno riaperto la porta, che non si reggeva più. E’ inutile che mi dicano che l’hanno portato in bagno, non è vero».

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Pubblicato il 01 Luglio 2014
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