Giovani e lavoro: inizia il Pmi-Day

Iniziano domani le visite delle scuole medie in 38 Pmi del territorio che coinvolgeranno 1082 giovani studenti. Il Pmi-Day giunto alla sua quinta edizione, sta diventando un appuntamento fondamentale per avvicinare scuola e mondo del lavoro. Abbiamo sentito Gianluigi Casati presidente della Piccola Industria di Univa

Avvicinare i giovani al mondo del lavoro e le Piccole e Medie Imprese al mondo delle scuole. È questo lo scopo della quinta edizione del Pmi-day, un’iniziativa nata sotto l’impulso di Confindustria e che nel varesotto è coordinata dal Comitato per la Piccola Industria dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. Un progetto che mira a diminuire la forbice del mercato del lavoro che si è fatta sempre più larga soprattutto per i giovani che più hanno subito gli effettivi recessivi della crisi economica. Nella nostra provincia la disoccupazione giovanile (15-24 anni) è salita tra il 2009 e il 2013, dal 25,2% al 39,1%, con punte del 45% per i maschi e 29% per le femmine. Sono circa 11mila i giovani senza una occupazione o in cerca di lavoro. Sull’importanza dell’iniziativa Gianluigi Casati (in foto), presidente della Piccola Industria varesina che riunisce circa 1400 imprese del territorio e titolare della Fonderia Casati non ha dubbi: «La quinta edizione del Pmi-day è un modo per avvicinare Il mondo della scuole, gli studenti e le famiglie a una conoscenza più precisa del mondo delle Pmi, aiutandoli a fare una scelta più consapevole sul loro futuro».

Presidente Casati, l’iniziativa promossa dalla vostra associazione coinvolgerà circa 1082 studenti di terza media di dieci istituti provinciali, nel 2013 erano 320. Cosa indica questo aumento?
«Questa iniziativa sta lavorando affinché la distanza tra Scuole e mondo dell’Industria si accorci e questi numeri parlano di un interesse sempre maggiore da parte delle prime nei confronti delle seconde. Il nostro intento è duplice, da una parte quello di far capire alle scuole le esigenze degli imprenditori e dall’altra di sfatare nell’immaginario collettivo alcuni stereotipi molto radicati».

Quali?
«Ad esempio quello che le piccole e medie imprese sono dei luoghi insani e dove si fatica molto. In realtà oggi le nostre industrie assomigliano più a dei moderni ospedali che a delle fabbriche vittoriane. I lavori pesanti sono allocati maggiormente sulle macchine e gli uomini hanno mansioni molto specifiche».

A proposito di questo, se facciamo un raffronto tra l’industria italiana e quella tedesca, affiorano delle grosse differenze. Una di queste ad esempio è quella sui laureati che in Germania sono il 28% della forza lavoro mentre in Italia sono il 18%.
«È sicuramente un argomento interessante per misurare le differenze tra i due Paesi. Le porto un esempio molto concreto. Nella mia impresa su una forza lavoro totale di 50 dipendenti abbiamo 6 ingegneri, due laureati in scienze economiche e circa una dozzina di periti. Quindi quasi la metà dei dipendenti ha una formazione di alto profilo».

E questo paga?
«Certo. Anche grazie a queste scelte abbiamo potuto assumere giovani che erano da noi per uno stage. La formazione aiuta nello sviluppo di prodotto, nell’internazionalizzazione e in molti altri aspetti fondamentali per essere competitivi sul mercato».

Sempre tornando al confronto con la Germania, lì l’alternanza scuola lavoro funziona. Non solo per un maggior numero di ore passate dagli studenti in azienda, ma anche per gli incentivi offerti agli imprenditori.
«A un ragazzo o a una ragazza che entrano nel mondo dell’impresa deve essere data la possibilità di imparare e di appassionarsi. Che cosa ti fa scegliere di rimanere in azienda se non la passione? Sarei assolutamente favorevole a un aumento del monte ore degli stage in azienda».

Senta crede davvero che le decontribuzioni previste dal Jobs Act per le assunzioni faranno ripartire l’occupazione?
«Di nuovo, porto l’esempio che conosco meglio. Siamo un’azienda di 50 persone, ma un giorno potremmo essere 60. Noi vogliamo continuare a essere bravi e per esserlo abbiamo bisogno di meno vincoli e con vincoli intendo rendere più snella la burocrazia che ci avvilisce, avere una fiscalità meno aggressiva e un sensibile taglio del cuneo fiscale».

Come imprenditore ha sfruttato Garanzia Giovani? Cosa pensa di questo strumento promosso dall’Unione Europea per diminuire la disoccupazione giovanile?
«Sarebbe uno strumento importante, ma è obbiettivamente poco conosciuto. La situazione che quasi la metà dei giovani italiani non abbia un lavoro mi angoscia. Sento che la mia generazione non ha fatto abbastanza e abbiamo il dovere di risolverla. Per quanto possibile nel ruolo che occupo mi impegnerò in questa direzione»

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Novembre 2014
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