Il testimone collassa per la cocaina, salta il processo Uva

Alberto Biggiogero non si presenta in aula per il controesame testimoniale. La corte d'assise ha acquisto il referto medico dell'ospedale: ha assunto un mix di cocaina, psicofarmaci e oppiacei che lo hanno mandato in tilt

“Pronto…stanno massacrando un ragazzo”. Ricordate? Parole di Alberto Biggiogero, pronunciate al telefono la notte in cui Giuseppe Uva fu fermato insieme a lui.

Alberto il testimone, Alberto che quella notte c’era, Alberto che vuole parlare. Alberto che ci dirà la verità sul caso Uva.

Alberto Biggiogero, in passato, aveva gridato allo scandalo, perché la procura di Varese, fino al novembre del 2013, non lo aveva ancora interrogato. Una fitta campagna di stampa aveva concluso che, questo ritardo, era un elemento di sospetto: ma ora che Alberto può finalmente parlare, sembra che si stia perdendo in un bicchiere d’acqua.

Questa mattina, il supertestimone del caso Uva, l’uomo che quella notte era in caserma, e che ha raccontato di aver sentito Beppe urlare, invece di riferire finalmente tutto quello che sa, e difendere le sue idee nel controesame, non si è presentato a testimoniare in tribunale. Il motivo è semplice: è stato ricoverato nella notte all’ospedale di Varese. Si è sentito male, come è stato detto in aula. Il referto medico trasmesso alla corte d’assise spiega che ha assunto un mix di sostanze stupefacenti e medicali. In parole povere, purtroppo, ieri sera ha mischiato un po’. Mix di psicofarmaci, oppiacei e cocaina: malore di una certa entità. Trasportato in ospedale è stato intubato, è andato a un passo dal coma farmacologico.

LA PRIMA PARTE DELL’INTERROGATORIO

Questo pomeriggio le sue condizioni per fortuna sono migliorate: si parla di 48 ore di prognosi, ed è per questo che il tribunale ha deciso di riconvocarlo venerdì prossimo, il 19 dicembre, poiché al processo per l’omicidio preterintenzionale di Giuseppe Uva, che vede 2 carabinieri e 6 poliziotti tra gli imputati, la sua parola è probabilmente quella decisiva. Ieri pomeriggio tuttavia stava bene, alcuni carabinieri lo hanno visto a Biumo, camminare per strada con un amico. Il teste chiave, come lo aveva definito l’avvocato Fabio Anselmo, lo specialista di “morti di stato”, doveva in qualche modo dare il tono di tutta l’accusa nei confronti delle forze dell’ordine. Ma Alberto, la scorsa udienza, non si ricordava nemmeno di avere fatto la prima denuncia.

DIMENTICANZE
Quando il pm Daniela Borgonovo gli ha chiesto conto della sua querela
, presentata poche ore dopo la morte di Giuseppe, al posto di polizia dell’ospedale di Varese, ha negato di essere stato lui a scriverla. Il testimone ha anche dimenticato il racconto di un presunto pestaggio avvenuto già in strada quella notte; ha sostenuto che Giuseppe Uva fosse pulito quando invece i medici dissero che era in uno stato di igiene precaria; ha detto di aver visto l’amico mettersi dei pantaloni senza macchie di sangue, poi lo ha negato; ha dato indicazioni contrastanti sulla sua visita all’obitorio, sulle macchie che ha visto, o forse no, sul corpo di Uva. Insomma, ha fatto più volte avanti e indietro.

DROGA
L’uso di cocaina e psicofarmaci
, che ieri notte lo ha mandato dritto in ospedale, è un guaio che ricorre nell’esistenza del superteste: anche quella notte, il 14 giugno del 2008, nonostante in televisione abbia negato (non ero drogato, non ero ubriaco), era fatto di cocaina, hashish e marijuana; anche quella notte, aveva bevuto parecchio tra birre e cocktail (i black russian), seppur abbia affermato di essere stato vigile, presente a se stesso, anzi, ”dignitosamente brillo”. Di essere cioè in grado di capire, quella sera, che cosa stesse accadendo, perché la paura gli aveva fatto abbassare all’improvviso il tasso alcolico e lo aveva reso in grado di capire che sì, era proprio Giuseppe, in fondo al corridoio, tra dieci persone, a dire “Ahi” e “basta”.

ATTENDIBILE?
Alla luce di quanto sta accadendo, secondo gli avvocati difensori Marsico, Schembri, Porciani e Mancini, è oggi chiaro perché i pm Abate e Arduini non abbiano mai voluto ascoltarlo, limitandosi ad inserire solo negli atti la sua querela. Quei pm l’hanno sempre ritenuto poco attendibile. Biggiogero è invalido al 100%, è stato soggetto a diversi tso, è stato ricoverato ancora nel 2013 con una diagnosi che, in sostanza, lo descrive come orientato a fornire versioni di comodo della realtà, per accattivarsi l’approvazione dell’interlocutore. E’ anche un ragazzo di una certa simpatia, con quel suo parlare forbito ed estraniato, una persona con delle fragilità e che ha bisogno di aiuto. Ma potrebbe non bastargli, per essere giudicato credibile.

IL DOSSIER UVA

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Pubblicato il 12 Dicembre 2014
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