La redazione ai tempi del web cambia faccia (e priorità)

Uno dei primi argomenti affrontati all’interno di Glocalnews racconta della nuova vita del giornalista di redazione. Grazie a chi in redazione vive e l'ha vista cambiare

E’ difficile parlare di come cambia un mestiere. Ed è ancora più difficile parlarne mentre il mestiere cambia, sotto la spinta di vere e proprie rivoluzioni tecnologiche.
E, invece, uno dei primi argomenti affrontati in Glocalnews è stato proprio quello del cambiamento delle redazioni nell’era dei giornali online.

Un argomento affrontato mettendo a confronto alcune delle redazioni online più lette e conosciute d’Italia: quelle del Corriere (Paolo Rastelli), della Stampa (Marco Castelnuovo), del Post (Luca Sofri), oltre al caso del Tirreno raccontato da PierVittorio Buffa, direttore della redazione web dei giornali locali dell’Espresso.

Il confronto, coordinato da Sergio Maistrello che da anni racconta attraverso i suoi scritti della trasformazione dei media,  ha mostrato come le soluzioni nell’affrontare le novità in redazione siano completamente disomogenee, almeno per ora: redazioni sdoppiate (il Corriere della Sera), ristrutturazioni architettoniche per integrare la redazione web con quella "di carta" (La Stampa), il giornale di carta preparato “drag and drop” alla sera con i contenuti  pubblicati sul web durante il giorno (Il Tirreno). Ma non basta per rendere il nuovo modello, quello che ormai tutti vedono come futuro, economicamente sostenibile: «La notizia non ha più valore» ha detto senza mezzi termini Marco Pratellesi dell’Espresso. «La qualità non ha mercato, per ora» ha rilanciato Luca Sofri.

E così, visto che per fare il business servono numeri, alle redazioni sale l’ansia della prestazione: che si risolve con l’uso delle notizie choc o delle gallerie di gossip, dell’anticipazione estrema delle notizie fino a farle precedere dalla verifica (“Fidel Castro nei social network sarà morto 100 volte” ricordano "Quante volte è stato scritto?").  Una scelta comprensibile? Si, se la logica è quella di far vivere un’azienda che fatica a decollare economicamente. Una scelta accettabile? No, se si considera il giornale come “sentinella della democrazia”.

«Dobbiamo ridare valore a ciò che facciamo» ha commentato Pratellesi. Un valore che non è necessariamente economico e che non si risolve nella produzione di contenuti: «Il tuo lavoro non finisce quando hai pubblicato il pezzo, il tuo lavoro finisce quando l’hanno letto piu persone possibile» è stata una delle frasi più ritwittate dell’incontro: il valore al proprio lavoro, ai tempi del web, ogni giornalista se lo dà da sè.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Novembre 2013
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