“Uva non fu picchiato in Ospedale”

Le parole della supertestimone apparsa in tv contrastano con quelle dei sanitari sentiti a processo. Ecco I verbali con tre testimonianze: l'infermiere, la guardia giurata e la psichiatra che gli somministrò le fiale

Giuseppe Uva fu picchiato all’ospedale di Varese? Lo sostiene una donna, intervistata dalla trasmissione tv “Chi l’ha visto”. L’attendibilità di questa versione, va però verificata.

L’ACCUSA: FU PICCHIATO IN CASERMA E NON IN OSPEDALE
Innanzitutto va chiarita una cosa. L’ordinanza del Gip Giuseppe Battarino (FOTO), che ha disposto l’imputazione coatta per 2 carabinieri e 6 poliziotti, rappresenta l’atto più importante nel solco del quale va modulata la richiesta di rinvio a giudizio. Il gip ipotizza i reati di omicidio preterintenzionale, arresto illegale, violenza privata, abbandono di incapace commessi tra le 3 di notte e le 5 e 15, quando Giuseppe Uva fu portato da un’ambulanza in ospedale.
Due ore di di trattenimento illegale di cui un’ora e trenta in un «presidio di polizia senza i presupposti di legge». Il pestaggio ipotizzato avviene in una stanza della caserma e non in pronto soccorso.

Ma ecco ciò che dicono i testi presenti quella notte in ospedale

ORE 5 e 45, L’INFERMIERE CHE VISITA UVA PER PRIMO
Il 14 giugno 2008 la prima persona che vede Uva arrivare in ospedale (FOTO) è l’infermiere che si trova al triage. Andrea Zanella testimonia in aula al processo contro lo psichiatra Fraticelli. E’ in turno, e vede arrivare la barella. «Io ho parlato con il signor Uva – racconta – chiedendogli come stava, se c’era qualcosa che non andava, se aveva bisogno di qualcosa… il signor Uva era sulla barella ammanettato….e accompagnato da due poliziotti».  L’infermiere registra i dati di Uva alle 5 e 48 e gli assegna un codice verde, ovvero il colore per chi ha bisogno di cure ma non è in condizioni serie. Dal suo racconto, fatto sotto giuramento in aula, non emerge alcuna violenza praticata in ospedale. «…notai una lieve abrasione sullo zigomo, gli chiesi se gli fosse stata procurata da qualcuno o se fosse autolesionismo e un evento accidentale… e tutte e tre le volte rispose che se l’era procurata accidentalemente. ». L’infermiere, in particolare, si insospettisce e chiede espressamente ai poliziotti di allontanarsi. Si avvicina a Uva e gli domanda, per la terza volta, se l’avessero picchiato prima del suo arrivo in ospedale («ho chiesto io per poter parlare tranquillamente, e per poter avere una risposta più sincera possibile dal signor Uva..»). Ma la risposta non cambia. «…se l’era procurata accidentalmente» afferma con certezza l’infermiere. Zanella stacca alle 6 e 05. Nel suo racconto c’è una sola stranezza: afferma di non aver mai notato il segno rosso sul naso di Uva, che invece emerge chiaramente dalle foto dell’autopsia.

ORE 6 e 21, ARRIVA LA PSICHIATRA IN TURNO DI REPERIBILITA’
Un altro testimone è la dottoressa Enrica Finazzi, la psichiatra che viene chiamata dopo le 6 di mattina. La dottoressa timbra il cartellino alle 6 e 21 (lo dichiara nell’interrogatorio al pm dello scorso novembre) e rimane in pronto soccorso fino alle 8 e 29. Secondo lei, nessuno in quel lasso di tempo maltratta Uva. Nell’interogatorio afferma che Uva, contrariamente a quanto riferito dall’infermiere, le disse di essere stato picchiato, ma senza specificare da chi.

ORE 6 e 20 / 8 e 15, LA GUARDIA GIURATA RESTA SEMPRE CON LUI
Al processo è stato anche ascoltato Pietro Altieri, la guardia giurata in servizio quella notte al pronto soccorso. Racconta di essere entrato in servizio alle 6 e che intorno alle 6 e 20 gli viene detto di vegliare su Uva (FOTO), dietro il triage, affinché non facesse male ad altri, o non si facesse male egli stesso.
«L’unica cosa che mi è stata chiesta dal paziente – spiega ai giudici in aula – è di essere sciolto perché era legato, bloccato al letto. Ho chiesto alla psichiatra se mi dava il permesso di slegarlo, perché lui mi aveva promesso che non avrebbe dato più nessun fastidio. E in effetti così è stato». Il racconto della guardia giurata è molto circostanziato. Copre un ampio arco temporale: dalle 6 e 20 alle 8 e 15.
Ci sono solo 15 minuti di buco, tra lo stacco dell’infermiere e l’arrivo della guardia giurata. Però Altieri dice di aver trovato Uva legato, proprio come l’aveva lasciato al triage l’infermiere. I due parlano lungamente, in quelle due ore, e praticamente Altieri non lo molla mai. Per Uva è una figura amica: infatti lo riconosce e lo chiama “Pietro”, perché un tempo frequentava il bar della stazione di Varese dove lui prestava servizio: «Chiedeva sempre di chiamare i propri familiari e la sorella… – precisa al giudice – poi è stato sciolto ed è rimasto li tranquillo. Mi diceva che voleva essere fatte delle lastre perché sentiva dei dolori addosso…Sì, sì…sono state fatte, l’ho accompagnato io sulla barella fino alla sala lastre». Da quegli esami non sono poi risultate fratture. Altieri, infine, vede Uva che torna sulla barella. «Sì, ha fatto le lastre e poi è stato messo su questa barella, e lì, nell’attesa, si è addormentato. Per cui dopo è stato scortato nel reparto psichiatria, l’ultima volta che l’ho visto dormiva tranquillo». Dalle 8 e 15 la guardia giurata afferma che è intervenuta la polizia locale perché era in tso. Gli uomini delle forze dell’ordine intervenuti in precedenza erano cinque o sei minimo. Un particolare, uno dei pochissimi, che combacia con la testimonianza televisiva. 

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Pubblicato il 27 Marzo 2014
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