Sergio Barletta, candidato senza “faccioni”

Il numero due della lista di Sinistra Ecologia Libertà, che non ha fatto uso di manifesti, rilancia i temi del movimento: giovani, lavoro, ambiente, multiculturalità. "La Lega? Dovrebbe erigere un monumento all'immigrato ignoto"

Fra i candidati consiglieri regionali di Sinistra Ecologia Libertà (SEL) nella lista per la provincia di Varese non manca un bustese: è Sergio Barletta. Libero professionista, alle spalle esperienze anche da coordinatore dell’Ulivo nel 2002-2004, tornato alla politica dopo alcuni anni di distacco "riempiti" dall’antica passione per il teatro e lo spettacolo musicale, Barletta è il numero due della lista capeggiata da Mario Agostinelli e che appoggia Filippo Penati come candidato a presidente della Regione. Un candidato senza "faccioni", nel senso che «sono l’unico, qui a Busto, non so nel resto della provincia, a non aver affisso manifesti a mio nome». Compensando, per quanto possibile sulla base delle risorse del movimento, con l’abbondante distribuzione di "santini".

I temi salienti dell’azione politica di SEL, e di Barletta in particolare, sono i giovani, la crisi, l’immigrazione e la cultura, ma anche l’ambiente con gli aspetti energetici e di tutela del territorio.
«Un argomento che sorge spontaneo affrontare è quello della crisi gravissima che opprime la Lombardia». Il quadro è fosco: «Gli artigiani non sanno come tirare avanti; gli industriali sono strozzati e non ricevono credito dalle banche; la cassa integrazione dei lavoratori è a livelli inauditi, la disoccupazione è galoppante, le famglie sono rose dall’angoscia al pensiero del domani, i giovani senza impiego, le coppie non osano mettere al mondo bambini, dissanguate dal costo della vita a fronte di magri e precari introiti».
E in tutto questo, il Pirellone che fa? «Celebra i fittizi succesi del centrodestra» attacca Barletta. «Ma in che mondo vivono questi? Che favole ci raccontano? Quelle di Malpensa che ha visto dimezzarsi l’indotto?» Ce n’è anche per la Lega «che scarica la sua incapacità di governare sugli stranieri. Ma per favore: la Lega dovrebbe erigere un monumento all’immigrato ignoto placcato in oro zecchino. Se gli togli la paura dell’immigrazione, quali argomenti gli restano per rastrellare voti?» SEL intende «alzare un muro su xenofobia e razzismo» e per questo si batterà per una cultura «dell’integrazione e dell’accettazione nei confronti degli immigrati. Non solo: del multiculturalismo». La parola, elevata a bestemmia dalle destre à la page, è stata pronunciata: Barletta non ne ha paura. E il piano culturale è cruciale in tutti i sensi: il candidato osserva che da queste parti, e particolarmente nell’Alto Milanese, la centralità assoluta della fabbrica e del lavoro, di cui localmente ci si fregia, ha finito per marginalizzare le istanze d’altro segno, la socialità, la creatività. «Con il risultato che quando poi "la fabbrica" chiude, con la crisi, quanto ci rimane? Allora siamo poveri davvero». Per questo la cultura come arricchimento personale è fra le priorità. Non è un lusso o un optional, deve avere il sostegno e l’appoggio delle istituzioni, con particolare riferimento alla spontanea attività dei ragazzi.

La critica, come sempre da sinistra, è appassionata. E la proposta? «Sui problemi più impellenti, la nostra risposta è un piano regionale per il credito ai giovani, massici investimenti sui trasporti, in primo luogo per i pendolari; creazione di decine di migliaia di alloggi popolari, puntando principalmente al recupero del patrimonio edilizio già esistente», spesso inutilizzato o invenduto. E ancora, «sostegno agli impianti domestici per la produzione di energia rinnovabile; servizi sociali adattati alle esigenze della donna che lavora e ha figli piccoli». Su scuola e sanità, da difendere il ruolo del pubblico, pesantemente intaccato sotto il formigonismo; il territorio, da tutelare da aggressioni infrastrutturali e speculative.
Eppure, si va oltre: «ci muove il sogno, quello di cui parla Vendola», quello «di una società con meno poveri e meno ricchi», di una globalizzazione che abbia un’anima, invece di rivelarsi «selvaggia e liberticida». E, scendendo a terra, Busto? «Esempio di quanto dicevo sul rapporto fra economia e cultura dove la prima mette all’angolo la seconda. È una capitale storica del meccanotessile, ma venendo meno questo, rischia di perdersene il nerbo. Poi serve agire in campo culturale. Non abbiamo un teatro-auditorium, ad esempio, per la musica; anche manifestazioni musicali di livello, come il festival chitarristico internazionale, stanno saltando». Sul piano territoriale c’è poi il rischio di una città definitivamente «accerchiata» sul piano infrastrutturale, dai assi di traffico sovraccarichi, e su quello amministrativo, dall’espandersi della città metropolitana milanese protesa verso Malpensa.

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Pubblicato il 26 Marzo 2010
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