Lo spirito cooperativo, una proposta attuale dopo 100 anni

Colloquio con Luigino Caravati, presidente della Cooperativa di Bosto

Arrivare a 100 anni di vita non è cosa da poco: se poi si rappresenta una realtà che a Varese è una istituzione e un pezzo di storia della città, diventa quasi quasi una responsabilità, come custodi di un pezzo di memoria di un territorio. Ma cosa rappresenta ora, la cooperativa di Bosto nel tessuto sociale di Varese? Ne parliamo con Luigino Caravati, il presidente della cooperativa.

Un anniversario del genere è il momento adatto per fare il punto della situazione…
«è un momento di riflessione profonda, perchè lo scenario per certi versi è totalmente diverso rispetto a quando la cooperativa è nata, mentre però se si indaga un po’ si scopre che alcuni dei bisogni che c’erano nel 1905 sono ancora presenti nel 2005: ora infatti esiste una risposta di solidarietà da parte della società, e anche vivace, ma è dedicata a settori specifici di bisogno. Quello che manca è quel tipo di solidarietà e di cura non destinata ai bisognosi,  ma più destinata alle famiglie. Cioè il ruolo che svolgeva la cooperativa di consumo di un tempo, che rappresentava un momento di svago per i lavoratori, e un modo semplice per alimentarsi, che una volta voleva dire pane e vino».

Una mutualità dunque che badava tra l’altro allo stretto necessario: cioè l’alimentazione…

«Da questo punto di vista è interessante leggere i verbali di tanti anni fa: c’era una partecipazione corale degli operai per il bene di tutti. C’era chi si occupava di prendere il lardo, il vino, il pane, chi discuteva sui dazi con la pubblica amministrazione. Insomma si ingegnavano per far quadrare i conti delle famiglie in difficoltà.  Questa attività ora manca, e la percezione di questa realtà che c’è, e per pudore a volte non emerge, esiste». 

Per voi non è stato possibile, però, continuare a perseguire la “mutualità alimentare”: la cooperativa, nel senso di negozio di alimentari di prima necessità, ha dovuto recentemente chiudere
«La nostra società per tanti anni ha dato un servizio sugli alimentari, poi ha dovuto cedere perché la funzione storica che aveva la cooperativa, quella di far risparmiare le persone, è stata superata con l’avvento della grande distribuzione. Non nego però che se però ci fosse la possibilità di ricostituirla, e ricostituire la vecchia usanza del  "libretto" su cui si segnava la spesa e la si pagava a fine mese, sarebbe bello e sono certo un iniziativa di un certo interesse per le persone».

Ora l’ex negozio di alimentari è chiuso. Cosa diventerà?
«Ci sono già state fatte proposte di acquisto o gestione, che però prevedevano soluzioni di utilizzo ad altri fini. Noi però “teniamo duro” perché non perdiamo la speranza di resuscitare in qualche modo un negozio che permetta di fare avere almeno pane e latte e quelle piccole cose di uso quotidiano. Continuiamo a riflettere se rimettere in piedi l’attività in qualche modo, specialmente ora che in tutta Bosto non c’è più un negozio di alimentari. Ma una cooperativa è fatta di uomini e non capitali: non è facile rendere concreta un’idea del genere, siamo tutti pensionati, non abbiamo le forze. Anche per questo abbiamo aperto il sito internet: per creare un motivo di interesse sulla cooperativa anche per chi internet lo usa, di più, cioè i giovani.

Come vede allora il futuro della cooperativa?
«Onestamente, il futuro non è proprio roseo. Ma pensarci è già un bel segnale».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Settembre 2005
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