Processo al re di Portogallo, l’accusa batte il primo colpo

"Mi hanno rovinato": ad Andrea S., autista di uno degli imputati, erano stati intestati conti correnti e società, ora gli sono rimasti solo i protesti

È ripreso questa mattina al tribunale di Busto Arsizio il processo a carico di Rosario Poidimani, pretendente al titolo di principe di Braganza e quindi al (teorico) trono portoghese. Insieme a lui comparivano i coimputati Roberto Cavallaro, Ugo Gervasi e Fabrizio Bellora, accusati di truffa e associazione a delinquere dal pm Giovanni Polizzi in base alle indagini che sfociarono nel marzo 2007 nell’operazione "The Kingdom".  La Real Casa in Italia non è riconosciuta – in Portogallo la questione è invece dibattuta anche su Youtube da simpatizzanti dell’una e dell’altra "cordata" monarchica.

Di fronte alla corte presieduta dal giudice Novik è stato ascolatto oggi Andrea S., autista personale del Gervasi nel periodo fra il 2003 e il 2005. S., testimone a carico, ha dichiarato di esser stato impiegato fra l’altro per aprire conti correnti a lui intestati – due presso banche di Novara e uno a Gallarate presso la locale filiale Carige, all’epoca diretta da Roberto Resini, che ha già patteggiato una condanna un anno fa. E proprio Resini con il "console" Gervasi sarebbe stato, secondo il testimone, al centro delle attività del "consolato" aperto a Gallarate dalla Real casa di Vicenza che faceva capo a "dom" Rosario e al Cavallaro. Andrea S. avrebbe accompagnato numerose volte Gervasi a Vicenza, entrando in confidenza con l’uomo ma anche restandone soggiogato, al punto da accondiscendere a ogni richiesta. Non solo l’apertura dei conti correnti a suo nome, ma anche il ritiro immediato di relativi libretti di assegni poi firmati in bianco, con le conseguenze quando furono usati per pagare le salatissime affiliazioni alla real casa di varie persone («sono rovinato, pieno di protesti»). Ancora, l’intestazione, insieme ad un imprenditore edile del Gallaratese, di una società immobiliare che sempre secondo la testimonianza sarebbe stata utilizzata al solo scopo di farvi transitare delle somme di denaro. Tutto questo anche dietro minacce: «Se rifiutavo mi rovinavano, mi hanno detto che non avrei mai più trovato un lavoro».

S. aveva fatto conoscenza con il Gervasi nel 2003: all’epoca lavorava per una società di sicurezza e investigazioni. Secondo S., il titolare della società si era subito mostrato entusiasta della corte del Poidimani a Vicenza – ricca anche di quadri di gran nome, con targhe che li indicavano come Picasso, Van Gogh, Monet, e, sinistramente, dotata di una saletta dove si conservavano «strumenti di tortura medievali» (sic).

Il titolare della società di investigazioni, mettendoci del suo, aveva fatto in modo che si potesse aprire un distaccamento del corpo diplomatico in Gallarate, con il Gervasi quale console. S. trasportava Gervasi su automobili intestate al titolare della società di investigazioni con emblemi e palette del corpo diplomatico: la real casa commerciava infatti documenti diplomatici (carte d’identità, a 5000 euro, e passaporti, fino a 180.000 secondo S.), materialmente prodotti da una ditta di Mantova. Gli emblemi del corpo diplomatico furono oggetto più volte di deferenza da parte delle forze dell’ordine italiane, nota S.

Presso il "consolato" gallaratese si rivolgeva chi voleva "aggiustare" situazioni finanziarie o cercare nuove opportunità tramite le conoscenze altolocate che una simile struttura mostrava di poter offrire. Secondo il signor S. per accedere a Gervasi, e tramite lui a Rosario Poidimani si pagava una sorta di tassa d’accesso. «Gervasi poteva aiutare dietro pagamento varie persone ad ottenere prestiti» ha aggiunto il testimone. Al consolato circolavano cambiali intestate a personaggi ignari o inesistenti («di uno di questi mi fu ordinato con fare intimidatorio di non fare mai il nome»), in qualche caso esilaranti (Ottone Erminio, scelto perchè letto invertendo nome e cognome diventava Er Mignottone). Andrea S. era comandato a pagare queste cambiali presso una banca di Arona: «era sempre Resini a darci i soldi». Fra i poco chiari meccanismi finanziari per accalappiare imprenditori interessati ad "espandere il giro" anche la Bank Guarantee, o BG, "Gran Balla" nel codice che gli imputati avrebbero usato tra di loro. Depositando, ad esempio, un milione in una banca di un Paese europeo comunitario se ne sarebbero dovuti ricavare fino a 20 milioni, di cui 6 per l’intermediazione sarebbero andati all’organizzazione guidata dal Poidimani: fin qui quanto noto ad S. Fra coloro che entrarono in questo giro anche un industriale metalmeccanico dell’Alto Novarese che tra pagamento di documenti diplomaticie il resto "donò" fino a 400.000 euro tra assegni e contanti.

Nel controinterrogatorio gli avvocati Allegra e Conti per Poidimani – sempre presente e attento a non perdersi una sola parola del processo (e di quel che ne appare sui giornali) – hanno distinto il corpo diplomatico del principato di Braganza dall’Istituto Internazionale di Relazioni Diplomatiche – IIRD, del quale era viceconsole il titolare della società di investigazioni insieme ad altre persone già indagate e in qualche caso prosciolte.
Per la difesa di Gervasi l’avvocato Fabbri ha torchiato il teste, puntualizzando come il suo assistito abbia lasciato il "consolato" gallaratese già prima che nella primavera 2005 venisse perquisito dalla Guardia di Finanza. Fu poi solo nell’autunno di quell’anno che S. andò a vuotare il sacco con Carabinieri e Fiamme Gialle. Il legale ha tentato di dimostrare che ciò fosse stato fatto in base ad accordi con il titolare della società di investigazioni, a sua volta "smarcatosi" in quel periodo. «Il titolare della società di investigazioni mi disse di non nascondere nulla alle forze dell’ordine. Io non avevo accesso ai conti a me intestati, e nemmeno un bancomat». Anche per i versamenti e i prelievi effettuati a suo nome S. ha sostenuto che si tratti di operazioni svolte da altri. In tutto questo periodo, era stato pagato, «in nero», precisava, dal Gervasi. Alla fine, di tutta questa vicenda, ad S. sono rimasti solo i protesti per gli assegni scoperti.
La prossima udienza si terrà l’8 gennaio, quando sarà ascoltato un imprenditore edile, testimone a carico.

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Pubblicato il 20 Novembre 2008
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