Uno psicologo bustocco per i terremotati di Haiti

Claudio Moroni, già volontario in Palestina, dove fu sequestrato da estremisti nel 2006, è stato a Port-au-Prince da febbraio ad ottobre con Medici Senza Frontiere, affiancando medici e psicologi haitiani e stranieri

Ad Haiti suor Marcella Catozza non è stata l’unica "bustocca" ad operare negli ultimi mesi. A pochi chilometri di distanza, senza praticamente sapere nulla di lei, se non vaghe nozioni sulla peresenza di religiose che operavano a Waf Jeremie, lavorava anche Claudio Moroni, quarantenne psicologo anch’egli di origine bustocca. Una vecchia conoscenza per Varesenews: quattro anni fa raccontò agli amici dell’associazione Delfini Birichini e a quanati erano venuti ad ascoltarlo la sua breve e drammatica esperienza di sequestrato in terra di Palestina, dove era volontario con la Croce Rossa nei territori occupati della West Bank. Quest’anno, due settimane dopo il terremoto di Haiti, in febbraio, è volato a Port-au-Prince dove ha collaborato sino a fine ottobre con Medici senza Frontiere , fornendo la sua esperienza di psicologo per il supporto delle persone colpite dalla calamità. Un intervento ancora di emergenza, ma non più nell’immediatezza: se il periodo dello shock puro e semplice era alle spalle, una montagna di sofferenze da alleviare attendeva i medici di ogni specialità. E spesso il compito di Claudio, che affiancava medici locali e personale reclutato sul posto, era quello di aiutare e confortare persone in fase pre- o post-operatoria, magari amputati (ha lavorato anche presso una clinica ortopedica); persone che avevano perso familiari, amici, la casa; gente colpita duramente dal grande dramma, una vera apocalisse andata ad abbattersi su uno dei Paesi più derelitti della Terra. Moroni è ripartito solo a fine ottobre, quando, racconta, si udivano appena le prime voci sull’epidemia che sarebbe poi esplosa in questo mese: e la parola "colera" ancora non si sentiva.

«Il mio ruolo tecnicamente era definito come Mental Health Officer. Si assumeva personale locale per formarlo e metterlo in affiancamento. Io ero a Port-aiu-Prince città, per lo più ho operato nella zona di Carrefour e poi vicino al centro, nella zona del Petionville Golf Club, trasformato in una tendopoli, come del resto la gran parte dei parchi e spazi liberi esistenti; perfino chi aveva ancora una casa, a lungo non se l’è sentita di tornarvi e pernottava in ricoveri d’emergenza». Uno scenario quasi postatomico. Fortuna vuole che il clima invernale, a quella latitudine subtropicale, sia piuttosto mite. «Dovunque ci fosse una clinica o un ospedale c’era un servizio psicologico che noi affiancavamo. Inizialmente riscontravamo proprio le situazioni di stress, di ansia, sovente le somatizzazioni, dalle emicranie e ai disturbi gastrointestinali», con cui le persone "sfogavano" incosciamente le tensioni interiori. «Ovviamente c’era la difficoltà per tanti dell’elaborazione di un lutto». Secondo le autorità locali il sisma avrebbe ucciso 230.000 persone; stime più conservative parlano di 92.000 morti. Comunque, una catastrofe orrenda, che ha richiamato migliaia di volontari di un gran numero di ong da ogni angolo del mondo.
«La mia visuale, lo ammetto, era limitata» avverte Moroni, «nel senso che non giravo granché; tranne qualcuno che si spingeva in "esplorazioni", non si facevano spostamenti non necessari». Così di Waf Jeremie, degradata al punto da essere off limits per la stessa ONU, ad esempio, non aveva che sommarie informazioni. Alcuni quartieri della capitale non sono esattamente raccomandabili, neanche per gli stranieri; nondimeno, una presenza di forza dell’ordine c’era, ricorda lo psicologo. Ogni tanto, arrivavano in ospedale anche persone vittime di atti di violenza, ma non in una quantità tale da allarmare.
Col passare del tempo chi poteva è rientrato nelle abitazioni, via via restaurate alla bell’è meglio o in via di ricostruzione, qua e là. «restano ancora vasti campi di sfollati, e una situazione di precarietà». Basti pensare al "nostro" terremoto dell’Aquila, con i problemi tuttora perduranti, e moltiplicare per mille o giù di lì le devastazioni e le sofferenze. Eppure, anche di fronte a tanta desolazione, «ho trovato» racconta Moroni «una capacità di resilienza che colpiva, in questa gente. Una capacità di far fronte alla calamità, una propensione a resistere. Non è che siano dei "duri", ma ti rendi conto conoscendoli e ferquentandoli giorno per giorno di quanto la vita che già prima conducevano fosse precaria, con problemi che andavano dal mettere insieme pranzo e cena, per molti, al ciclone di passaggio che spazzava tutto. E nonostante tutto gli haitiani riescono a non abbattersi; poi, chiaro, c’è chi soffre particolarmente, come ovunque».
Haitiani i pazienti, haitiani anche tanti dottori. E psicologi. «Erano tutti piuttosto giovani, ho trovato la loro formazione davvero ottima, vicina alla nostra, forse più di scuola francese come impostazione di fondo». Naturalmente, vista la lingua ufficiale del paese (quella parlata comunemente, il kreyòl locale, risultava all’inizio «pressoché incomprensibile»). Quanto al rapporto con i pazienti, fondamentali erano gli aspetti culturali. «Nel mio lavoro sono molto importanti, e ci ho messo un po’ prima di riuscire a coglierne appieno la portata nel contesto locale». Si dice spesso che Haiti sia un pezzo d’Africa trapiantato nei Caraibi: «Non conosco molto il Continente Nero, non essendoci stato che brevemente (in Sudan), non mi sento di fare paralleli. Ho notato però che effettivamente ci sono tra la gente una serie di credenze e di modi di pensare in cui spiccano elementi di pensiero di tipo magico. Certamente peculiari: ho dovuto fare i conti anche con questo». Paese che vai, usanze e convinzioni che trovi. E domani? «Per ora mi sto riposando dopo questa esperienza» riferisce il nostro testimone, «ma penso che mi rimetterò a disposizione per un altro periodo di lavoro all’estero».

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 23 Novembre 2010
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.