Sfrattati si accampano davanti al Comune

Il fatto è accaduto venerdì, davanti a Palazzo Brambilla, dove una famiglia intera ha inscenato una protesta per ottenere un alloggio popolare. I servizi sociali pagheranno loro due settimane di albergo ma niente casa

Ancora una storia di povertà e difficoltà emerge in questi giorni nella placida Castellanza dopo quella di Salvatore Genovese, il postino siciliano che vive nella sua auto da mesi. Ieri, venerdì, davanti al palazzo che ospita il municipio si è accampata una famiglia intera di albanesi (marito, moglie e figli) rimasta senza casa dopo essere stati sfrattati dal padrone dell’appartamento nel quale vivevano. A confermare la notizia è lo stesso sindaco Fabrizio Farisoglio che si è occupato personalmente della vicenda: «Purtroppo questo nucleo familiare è rimasto senza un tetto – ha raccontato il sindaco – perchè i proprietari lamentavano il mancato pagamento degli affitti da alcuni mesi».

Così ieri, venerdì, hanno inscenato la loro protesta davanti a Palazzo Brambilla per fare presente la loro situazione accampandosi nel cortile antistante l’entrata. Al comune hanno chiesto una casa ma, come nel caso di Salvatore Genovese, la risposta immediata non si è potuta realizzare: «Ci sono delle procedure che vanno rispettate – ha detto il sindaco – si tratta di una trafila alla quale non si può ovviare, se si vuole ottenere un sussidio o una casa popolare. Tutti la rispettano e anche questa famiglia non può sottrarsi ad essa». La lista d’attesa per ottenere una casa del Comune è lunga e ci sono molte persone che l’aspettano da anni senza esserci ancora riusciti in quanto la graduatoria tiene conto di tanti fattori: dal reddito complessivo al numero dei componenti.

Così alla famiglia albanese l’amministrazione, e in particolare il settore servizi sociali, ha prospettato una soluzione temporanea: «Abbiamo deciso di pagare loro due settimane di albergo – ha detto il sindaco Farisoglio – in questi giorni di tempo dovranno trovare una sistemazione alternativa. Il capofamiglia ha un lavoro e quindi non sono il caso più disperato che abbiamo in città». Per il momento il caso è stato risolto con una soluzione tampone: «Non ci siamo dimostrati sordi di fronte alla loro richiesta di aiuto – ha detto infine il sindaco – ma è chiaro che non possiamo favorire forme di assistenzialismo fine a se stesso. Anche loro dovranno venirci incontro e rispettare le procedure per ottenere un alloggio a canone calmierato».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Marzo 2011
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