«Qui al Nord c’è una mafia imprenditrice»

Enzo Guidotto, consulente della commissione nazionale antimafia, spiega i caratteri della Piovra e il suo insediamento anche nel Norditalia

Il professor Enzo Guidotto (foto), nativo di Messina, poi trapiantato nel Trapanese e infine in Veneto, durante la conferenza di stampa di presentazione dell’iniziativa "La nuova Resistenza – Mafia, legalità, Costituzione", ha dissertato ampiamente sul tema della mafia come fenomeno nazionale, dimostrandosene profondo conoscitore.

In sintesi, ha detto Guidotto, la "piovra" ha tre gruppi di tentacoli: con uno alimenta l’economia mafiosa, con l’altro cura i contatti con il potere politico, con il terzo esercita la violenza. Il fatto che oggi Cosa Nostra ricorra di rado ad azioni eclatanti non deve trarre in inganno: il pentito Nino Giuffré ha di recente rivelato che fu progettato, con l’approvazione del boss dei boss Binnu Provenzano, un attentato alla vita dell’allora presidente della Commissione Antimafia Giuseppe Lumia, poi non realizzato solo per ragioni di opportunità (ossia per non attirare l’attenzione di magistratura e forze dell’ordine).

Il fatturato della criminalità di tipo mafioso in Italia (escludendo quella straniera) è di qualcosa come 100 miliardi (avete letto bene, miliardi) di euro: la Mafia SpA è di gran lunga l’azienda più ricca e in salute d’Italia, e non conosce crisi. In compenso, per causa sua è stato calcolato che negli ultimi anni non si sono potuti creare ben 180.000 posti di lavoro. Questo perché la mafia, dovunque arriva, soffoca l’economia legale. Quella di oggi è infatti una mafia "imprenditrice", che ricicla continuamente i proventi delle attività illecite (principalmente le estorsioni e gli appalti, ma anche la droga) in attività formalmente "pulite". Chi non fa parte del gico ne viene estromesso con le spicce; le aziende mafiose, oltre a potere contare su un accesso rapidissimo al credito tramite pressioni, mnacce e complicità, impiegano manodopera in nero, intimidiscono le aziende concorrenti con ogni mezzo, insomma godono di un assoluto e totale vantaggio concorrenziale basato su pratiche criminali. Inolte, c’è il fenomeno dell’appropriazione mafiosa di aziende "oneste" tramite lo strangolamento lento dell’usura: quando il proprietario non può più pagare gli interessi richiesti dagli strozzini, questi gli impongono dei soci nella proprietà per una quota pari al debito. Risultato: le mafie soffocano e inglobano amnche l’economia "legale".

E proprio qui al Nord, a Milano, hanno sede ormai da decenni le centrali del riciclaggio del denaro mafioso. «Negli anni ’70 la mafia si servì di Michele Sindona, di Roberto Calvi e del suo Banco Ambrosiano, della Banca Rasini e perfino dello IOR, la banca del Vaticano» ha ricordato senza peli sulla lingua Guidotto. Tramite loro Cosa Nostra ha investito in terreni e fabbricati, qui al Nord, e ha compiuto tutte quelle operazioni finanziarie che passano sotto il nome di "riciclaggio" e servono a rendere impossibile – almeno in teoria – ricostruire la provenienza illecita del danaro.

Quanto infine ai contati con politici "amici" e funzionari corrotti a tutti i livelli, è proprio questo il marchio distintivo della mafia rispetto ad ogni altra organizzazione criminale. Anche la vicenda Volare non vi è del tutto estranea, se è vero che un noto politico in essa implicato compariva nelle carte dell’inchiesta Duomo Connection come persona a disposizione per le necessità di un boss in trasferta nel suo "feudo" elettorale. Ma in generale, ciò che la mafia chiede ai politici sono leggi che facilitino le attività illecite, come il riciclaggio del denaro sporco (Guidotto ha citato esplicitamente le leggi sul falso in bilancio e lo "scudo fiscale"), oppure un’applicazione distorta o nulla di leggi che,. nvece, "danno fastidio" (cioè funzionano).

«Le organizzazioni mafiose costituiscono un problema per tutta Italia, non solo per il Sud» conclude Guidotto. La ‘ndrangheta e la mafia sono presenti fortemente sul nostro territorio, e da parecchio tempo; anche qui esercitano tutta una serie di attività illegali. «Di fronte a ciò, il 25 aprile dovrebbe essere per i giovani non solo giorno di vacanza, ma anche di riflessione».

Il prof. Alberto Malatesta, docente di diritto internazionale alla LIUC, ha invece citato gli sviluppi "transnazionali" delle mafie. Queste sono ormai collegate sui cinque continenti da fitte trame di relazioni non sempre conflittuali, anzi: l’agenda dell’ONU ormai è strapiena di tali argomenti. Lotta al narcotraffico internazionale (di cui Malpensa è un crocevia di livello mondiale, vi transitano impressionanti quantitativi di droga come testimoniato dai quotidiani arresti e sequestri, ndr), alla riduzione in schiavitù e al traffico di esseri umani, al riciclaggio del denaro sporco: queste le frontiere che attendono i massimi organismi mondiali per il presente e il futuro. «Come l’economia, così si è globalizzato anche il crimine» sintetizza efficacemente Malatesta; e , aggiungiamo, come soi è globalizzata l’economia ma non i diritti di chi lavora, così si è globalizzata la mafia, ma non l’antimafia.

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Pubblicato il 03 Maggio 2005
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