Violenza a una ragazzina con la scusa della religione
Le chiedeva di pregare ma poi abusava di lei. La 13enne ha raccontato tutto in un tema
E’ stato un tema scritto a marzo a rivelare tutto. Di quelli che si fanno in terza media, in cui i ragazzi raccontano le loro piccole gioie e tristezze quotidiane. Ma la storia era ben diversa, per la 13enne di un paese vicino a Busto Arsizio: un amico di famiglia la toccava, con la scusa di farla pregare le prendeva le mani, nella sua cameretta, la faceva spogliare, poi la fotografava. Lei ha messo tutto nero su bianco, nel tema, e ha sviscerato tutto lo «schifo» che provava per quanto accaduto. La professoressa ha avvisato il preside e poi la polizia.
L’indagine è stata accurata, e ieri Alberto C., un 50enne di Busto Arsizio, incensurato, è finito in manette con tre accuse gravissime. Violenza sessuale su minore, detenzione di materiale pedopornografico, e creazione di materiale pedopornografico.
Diversi elementi di prova sono stati trovati nel computer, a casa, durante la perquisizione, effettuata dagli agenti del commissariato di Polizia del vicequestore Francesco Scalise. Materiale proveniente da chissà dove, ma anche una cartella con l’indicazione «non cancellare mai», contenente una decina di foto della ragazzina, anche nuda. L’uomo ha riferito di essere un laico in attesa di prendere i voti (ma l’ordine provinciale dei francescani ha precisato che l’uomo non è legato alla confraternita) e come tale si era proposto alla mamma della bimba, conosciuta tramite un’amica comune, per la fornitura di un computer (è un esperto di informatica). Poi, si era messo a disposizione. Affabile e cortese («chiamatemi quando volete»), ma aveva anche esibito una patente pseudo-mistica, carpendo la fiducia dei genitori che vedevano di buon grado l’aiuto di una persona con il dono della fede. Ma la sua non era vera fede, era invece, secondo le accuse, malizia pura: secondo quanto emerso dalle testimonianze della piccola la scusa per gli incontri in camera era questa: «Io sono il tuo angelo custode, tu devi pregare di più». Poi le prendeva le mani, le diceva di chiudere gli occhi, e infine la toccava con scuse abbiette, come la «trasfusione di cellule» per consentirle di andare in paradiso. Nessuno andava però in paradiso, con quegli incontri fissati ogni giovedì, che si sarebbero protratti tra l’agosto e il novembre del 2007. Una ragazzina, invece, precipitava in un inferno che ora gli psicologi cercheranno di lenire. Dopo quasi 4 mesi così, la 13enne ha detto alla mamma che non voleva più vedere il sedicente religioso. I genitori pare non sospettassero nulla e considerassero quegli incontri mistici alla stregua di un catechismo privato da parte di una persona che, assicura
Alberto C., che all’arresto sarebbe apparso sgomento e apparentemente incredulo del fatto di essere arrestato per delle foto, quasi non comprendesse la serietà del reato compiuto, sarà presto interrogato dal sostituto procuratore di Busto Arsizio Roberto Pirro, che conduce l’inchiesta.
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