Grigo: “Diamo la caccia ai sequestratori di De Micheli”

Dopo la svolta sul sequestro Mazzotti, in procura si fa il punto sull'indagine riaperta un anno fa. Scavi in corso

Sequestro di persona e omicidio volontario aggravato, la procura di Varese continua a indagare sul sequestro e la morte di Tullio De Micheli, l’industriale di Comerio sequestrato nel 1975 a mai tornato a casa. Il geo radar utilizzato nei mesi scorsi, ha indicato un punto di un prato a Rescaldina, di proprietà di un convento, dove ci sarebbero stati dei sommovimenti di terra. Le ricerche sono proseguite in queste settimane. Finora nessun risultato, ma gli inquirenti non mollano. Intanto, dalle cronache giudiziarie c’è un altro elemento nuovo che viene tenuto d’occhio in procura: l’arresto di Demetrio Latella, ex boss legato al clan Epaminonda che avrebbe ammesso, dopo 34 anni, di aver fatto da autista nel sequestro di Cristina Mazzotti, la figlia di un industriale Eupilio (Como) rapita e tenuta segregata a Galliate Novarese. La ragazza morì durante la detenzione in un’angusta cella, ricavata sottoterra in una cascina di Galliate, a causa di una iniezione fatale di sedativi fattale per tenerla buona. Il corpo fu gettato, poi, in una discarica poco distante, e per quella vicenda vi furono otto ergastoli. Ma, quella morte e quel sequestro si intrecciano con altri episodi accaduti durante il terribile periodo dei sequestri di persona (“Il medioevo dei sequestri” li definì il cronista Gianni Spartà) ai danni di industriali del nord che negli anni Settanta gettarono nel panico buona parte del paese. I personaggi implicati in quella vicenda, in qualche modo, sono sembrati spesso intrecciarsi con il caso De Micheli e quello di Emanuele Riboli, figlio di un altro industriale di Buguggiate preso a mai tornato a casa.  Ora, il passato ritorna. L’arresto dell’ex gangster Latella da parte dell’antimafia di Torino per il caso Mazzotti,  secondo il procuratore capo di Varese Maurizio Grigo – che ordinò la riapertura delle indagini su De Micheli –  dimostrerebbe due cose: primo, che a distanza di anni si possono ancora ottenere risultati investigativi. Secondo, che se è vero che Latella ha fatto ammissioni, esistono dei margini, grazie alla legge sui collaboratori di giustizia, per far parlare qualcuno.  
«Noi stiamo cercando il corpo di De Micheli, anche perché siamo molto dubbiosi sul fatto che l’uomo morì, come detto da alcune testimonianze, perché ingoiò per sbaglio la dentiera. Vogliamo invece fare luce su che cosa accadde veramente, e su quali siano le vere responsabilità – spiega il procuratore capo – l’inchiesta che abbiamo riaperto l’anno scorso non può prescindere da questo». In questi mesi sono stati ascoltati diversi testimoni e collaboratori, alcuni incontrati personalmente dal procuratore capo. Per certi versi, è come cercare in una vecchia libreria cercando di cavarne qualcosa dalla polvere del tempo. Ma il successo dell’inchiesta di Torino, forse è un segnale: «E’ una bella notizia, che ci dà coraggio, il nostro lavoro continua».

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Pubblicato il 10 Giugno 2008
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