Il sindaco: “Ora dovremo stare tutti vicini ai genitori”

I destini di Alex e Manuel si sono decisi nel reticolo di strade della loro Valcuvia, uno a settembre, l'altro a Pasqua. Impietrito il primo cittadino Ciglia: "Una famiglia distrutta"

Sono poche centinaia di metri a dividere i destini delle brevi vite dei gemelli Alex e Manuel Palomba. Gemelli fino alla fine, nell’aspetto, nelle scelte, nella morte precoce che li ha tolti a familiari e amici. Un’unica passione, quella di famiglia per le rombanti due ruote, costata la vita ad entrambi nella loro terra, quella Valcuvia più volte insanguinata da gravi incidenti, come se le strade avessero di per sè il potere di fare danno. Alex muore la sera di giovedì 11 settembre 2008, in uno scontro con un’auto lungo la famigerata statale 394, nei pressi di Villa Bozzolo. Anche lui era a bordo di una Kawasaki 750: tragicamente, a chiamarlo per farsi raggiungere a Cittiglio era stato il fratello. Intorno alle 21,30 si è scontrato con un’auto: i soccorritori del 118 lo hanno trovato già morto, sul colpo. Se Alex se n’era andato in una tiepida sera di fine estate, Manuel lo ha seguito a Pasqua in pieno giorno, alla luce del sole, e, sembra, facendo tutto da solo. Perso il controllo del mezzo, si è schiantato sul guardrail di via Valcuvia. Un guardrail «di quelli di vecchio tipo, taglienti», il peggior nemico del motociclista in caduta, ci raccontava il presidente del Moto Club di Gemonio Mattia Bodini, sgomento e perplesso, sul luogo dell’ennesima tragedia.

In sella con Manuel c’era un giovane ventenne, rimasta ferita pare in modo non grave. La tragedia è tutta in famiglia: a papà Mario sono stati tolti i due figli, nati centauri come lui. Anni di esperienze sulle due ruote, quel mezzo che fa sentire liberi e forti e giovani a tutte le età. Viaggi e uscite con un gruppo attivo ed entusiasta, ora colpito al cuore per la seconda volta. Al funerale di Alex il motoclub gemoniese si era stretto con affetto intorno alla famiglia Palomba: alla memoria del giovane era stata dedicata la festa del gruppo in programma pochi giorni dopo. Toccherà ora un dovere ulteriore di pietà civica e cristiana e di condivisione del dolore, tanto più duro per le circostanze doppiamente tragiche dell’accaduto, che denuncia le proporzioni ormai da guerra di trincea delle perdite sul fronte della strada. E se appena nelle settimane scorse a Busto Arsizio è stata una figlia adolescente a perdere la madre, ora è un padre a invocare due figli che non ci sono più.

«Una famiglia distrutta» commenta il sindaco di Cuveglio Romeo Ciglia, profondamente colpito e commosso dalla duplice tragedia. Nella casa in frazione Cavona restano ora solo papà Mario, agente alle dipendenze dell’ente Provincia, e mamma Ornella. «Non è che ci sia molto da dire o fare. è un dolore insanabile quello che li ha colpiti. Solo la più stretta vicinanza degli amici e di tutta la collettività potrà forse in qualche modo lenire la loro perdita». Anche il primo cittadino non si capacita. «È innaturale» ripete, «che i genitori debbano seppellire i figli, l’uomo non vi è preparato. Cercheremo di star loro vicini il più possibile». Resta il problema eterno della sicurezza stradale. La moto è mezzo insicuro per definizione: il morto in incidente è troppo spesso un centauro. «Forze dell’ordine e amministrazioni pubbliche purtroppo possono fare ben poco a fronte di un traffico intenso e di strade che in molti casi sono ancora quelle di cinquant’anni fa. Chiediamo interventi ma non sempre si possono fare: ad esempio da noi Anas ha respinto la proposta di una rotonda in località Canonica, per ragioni di diametro. Metteremo un terzo semaforo pedonale, degli avvisatori di velocità, chiediamo e chiederemo il "passante sud" per deviare il traffico dal nostro abitato ma i problemi restano. La vera sicurezza stradale la fa sempre chi guida, e si comincia dalle scuole, è lì che mandiamo gli agenti a insegnare quali sono i rischi della strada».

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Pubblicato il 13 Aprile 2009
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