Gli studenti entrano in carcere per imparare la legalità
Alunni e detenuti staranno insieme per conoscersi e conoscere tutte le sfaccettature del regime carcerario e capire, contro tutti gli stereotipi, che cosa significa davvero la privazione della libertà
L’educazione alla legalità parte dal carcere. Alunni e detenuti staranno insieme per conoscersi e conoscere tutte le sfaccettature del regime carcerario e capire, contro tutti gli stereotipi, che cosa significa davvero la privazione della libertà.
È il progetto (giunto alla sua quinta edizione) organizzato dalla casa circondariale di Varese insieme a 4 scuole della città: l’ISIS I Newton”, il liceo artistico Frattini, l’istituto Maria Ausiliatrice e l’Isis di Bisuschio.
Si svolge per il quinto anno e coinvolge dieci detenuti e una quarantina di studenti che durante il percorso di un anno condivideranno all’interno del carcere dei momenti di vita quotidiana, dalla cucina a diverse attività ricreative e laboratori interculturali.
Si tratta di un progetto ministeriale coordinato dalla responsabile dell’aerea educativa Maria Mongello, il direttore Gianfranco Mongelli, il vicecomandante del reparto di polizia penitenziaria Rosario Arcidiacono e l’operatore sociale Sergio Preite che da tempo collabora a questi progetti con le carceri.
È un percorso strutturato durante il quale gli studenti vivranno senza banalità un aspetto molto delicato della società: il regime carcerario che, al di là della pena, è fondato sul principio della rieducazione del detenuto e i ragazzi potranno davvero capire che cosa questo significa e come si svolge nella realtà. Soprattutto tra le mille difficoltà delle carceri italiane e di quelle di Varese in particolare.
«Si ritiene che esperienze di questa natura, pur non provocando un alto clamore mediatico, possano veramente porsi come un importante tassello per la costruzione di una comunità più sicura – spiegano gli organizzatori dle progetto -. Un percorso di carcerazione nel quale il detenuto ha modo di rivisitare il proprio reato e di raccontarsi come uomo in cammino e non come un numero in attesa di una scadenza. L’occasione per avvicinarsi in maniera reale con ciò che rappresenta veramente il carcere cercando di contrastare gli stereotipi troppo spesso raccontati in televisione».
L’iniziativa è stata presentata all’interno della sala dei colloqui resa accogliente grazie ad un progetto realizzato da 3 detenuti (un italiano, un senegalese e un marocchino) che ha ricoperto le pareti delle due stanze di colori e disegni, così da renderle un luogo adatto a ricevere la visita dei famigliari dei detenuti e sopratutto dei loro bambini.
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