Caso Uva, i periti in aula “assolvono” il medico

Confermati i risultati della perizia. Il pm legge una relazione commissionata dall'assicurazione dell'ospedale che non escluderebbe colpe mediche ma il tribunale non l'ha accolta

L’hanno ribadito più volte. I tre superperiti chiamati oggi in aula a spiegare le cause della morte di Giuseppe Uva sono netti: i medici indagati e l’imputato, Carlo Fraticelli, non hanno responsabilità perché, da quanto emerge, la somministrazione di ansiolitici e sedativi effettuata la mattina del ricovero, il 14 giugno del 2008, non era in quantità sufficiente a provocare il decesso. E’ certamente un punto fermo, questo, nella perizia che i tre specialisti – Angelo Demori, Santo Davide Ferrara e Gaetano Thiene – hanno esposto questa mattina durante l’udienza del processo. Stiamo arrivando in dirittura finale. Oggi si è chiusa l’istruttoria dibattimentale.
Conclusioni: le sostanze somministrate non sono idonee a spiegare il decesso, né se prese singolarmente e nemmeno sinergicamente. Il pm Agostino Abate ha però ribattuto presentando una memoria che prende spunto da una relazione che l’ospedale di Varese fece realizzare al professor Luigi Manzo, per conto della società assicurativa. La relazione affermava che la sostanza utilizzata, come le benzodiazepine, possono causare rischi di choc anche quando sono in basse quantità. Sul punto c’è stato contrasto in aula. I periti si sono dichiarati in disaccordo, e il tribunale non ha acquisito la relazione che ha in mano il pm.
I contenuti della relazione, in generale, sono stati tutti confermati. I periti dicono che non possono trarre indicazioni da quanto avvenuto quella notte in caserma, tra le 3 e le 5 e 48, ma affermano che la morte, com’è noto (premettendo che Uva aveva una malformazione cardiaca mai diagnosticata)
giunse in ospedale, per uno stato di stress neuro-ormonale, determinato da una tempesta emotiva, a causa di tre fattori sinergici scatenanti: l’intossicazione etilica, lo stato di contenzione e le lesioni.
Hanno spiegato meglio cosa intendano con la parola contenzione: fu quella indotta dai sanitari, in regime di tso, poiché Uva arrivò in ambulanza, legato a un lettino, e venne tenuto in pronto soccorso, per almeno mezzora, legato. Fu liberato solo dietro la promessa che avrebbe “fatto il bravo” e sorvegliato da una guardia giurata (tra l’altro andò lui stesso a piedi a fare le radiografie) Quella contenzione sarebbe uno dei trigger, ovvero i fattori scatenanti.
Quanto alle lesioni, i periti sostengono che non hanno trovato fratture. Lo dicono sia le tac e che le radiografie. L’avvocato di parte civile Fabio Anselmo ha nominato un esperto di radiografie forensi, Giuseppe Guglielmi dell’università di Foggia, che ha chiesto un’analisi ulteriore perché sospetta una frattura al naso. I periti non sono contrari a nuove tac sulle ossa del naso (come richiesto dalla parte civile) ma hanno ribadito che le loro conclusioni non verrebbero in alcun modo cambiate, poiché anche se in ipotesi vi fosse una frattura al naso, non basterebbe a spiegare la morte. (foto, una rappresentanza dei parenti di persone morte durante fermi di polizia)
E le macchie di sangue sui pantaloni? Per gli esperti è un sanguinamento da emorroidi, iniziato in un arco di tempo che va dalle 0 alle 36-48 ore prima delle morte, La parte civile sostiene che vi sia anche un ematoma di 5 centimetri sul gluteo destro. I periti rispondono che potrebbe essere compatibile anche con delle iniezioni.
L’udienza ha infatti evidenziato che Giuseppe Uva era un abituale frequentatore del pronto soccorso. Ci andò 56 volte in otto anni, per due motivi: etilismo acuto (anche se non era un alcolista cronico) e orticaria cronica. La parte civile ha infine presentato un’immagine tratta dall’autopsia in cui si vedono delle macchie sul cranio della vittima. Per gli esperti potrebbero essere improntanti infiltrazioni emorragiche. La circostanza non è stata approfondita, ma servirà alle parti civili, probabilmente, per tenere aperte la richiesta di nuovi accertamenti, su quanto accaduto in caserma. Botte? Anche su questo i periti sono salomonici: la perizia dice che le lesioni (che ha classificato finora come di lieve entità) possono essere, auto o eteroindotte, e non può dare altre spiegazioni.

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Pubblicato il 19 Marzo 2012
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