Inneggiava alla jihad: il tunisino espulso perché pericoloso

Il compito di Mohammed Akremi Gharsellaoui era quello di fare proselitismo e favorire la permanenza in Italia di immigrati clandestini

Mohammed Akremi Gharsellaoui (foto) agiva tra Varese, Gallarate e diversi Paesi europei. Il suo compito, stando alle accuse della Questura formalizzate in base al materiale trovato in casa sua e nelle abitazioni di 11 maghrebini e libanesi controllati da Digos e Polizia di Stato, era quello di fare proselitismo e favorire la permanenza in Italia di immigrati clandestini. Il 40enne tunisino, nato il 12 agosto del 1965, è stato espulso perché giudicato pericoloso per il territorio italiano, in ottemperanza al decreto Pisanu sulla prevenzione antiterrorismo. Le indagini, cominciate nel maggio 2005 e coordinate dal sostituto procuratore Tiziano Masini, si sono concluse sabato 10 dicembre: Gharsellaoui è stato preso in casa sua, in via Rovani 32 a Varese, e scortato fuori dal confine italiano fino in Tunisia, dove a carico suo ci sono pendenze per fatti eversivi legati all’opposizione al governo tunisino di Ben Alì.

L’uomo, ufficialmente imprenditore edile, con una ditta a suo nome fondata nel 2000, è indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento di manodopera irregolare, con un’attività di supporto logistico a immigrati clandestini. Inoltre le indagini hanno appurato collegamenti con il mondo eversivo e radicale vicino all’estremismo islamico, confermati da numerosi viaggi in Italia,  Svizzera, Francia e Tunisia e continui spostamenti tra le abitazioni dell’indagato, a Varese e Gallarate. Il procuratore capo Maurizio Grigo ha sottolineato «la pericolosità di Gharsellaoui, in collegamento con gruppi islamici radicali che inneggiano al terrorismo internazionale. Gli elementi raccolti sono molti, li vaglieremo in attesa di provvedimenti ulteriori».

Nell’ambito di una perquisizione su 11 soggetti ordinata dal pm Tiziano Masini e dal procuratore capo Maurizio Grigo, ed eseguita dalla Digos di Varese, a carico di 6 tunisini, 2 marocchini e un libanese sono state rinvenute videocassette inneggianti alla jihad, insieme a cd rom e floppy disc ora al vaglio degli inquirenti. Sono stati controllati anche 2 call center, in collaborazione con la Polizia Postale, mentre un altro tunisino, irregolare, è stato espulso. Nei video mostrati in Questura a Varese si sono potute osservare immagini di campi di addestramento in Palestina e Libano, usate secondo gli inquirenti per fare proselitismo e dare messaggi inneggianti all’opposizione ai governi egiziano e tunisino in particolare. In altri video e dai messaggi che gli indagati si scambiavano sono presenti anche minacce e esultanza per gli attentati in Iraq e in Medioriente.

Inoltre gli inquirenti hanno evidenziato un contrasto tra le diverse parti della comunità maghrebina, con danneggiamenti materiali ai danni della fazione più moderata. L’indottrinamento e il proselitismo non avveniva, da quanto emerso dalle indagini, in moschea, ma in abitazioni e incontri privati. Al vaglio degli inquirenti ci sono anche documenti e movimenti di denaro volti a finanziare il terrorismo internazionale verso Paesi esteri, che potrebbero portare a sviluppi più ampi delle indagini. «Varese è, per la sua posizione di confine e data la presenza di Malpensa – ha spiegato il Questore Giovanni Selmin – un avamposto operativo della lotta e della prevenzione al terrorismo. Questo provvedimento segue altri interventi della stessa natura presi negli scorsi mesi, come l’espulsione di Ben Said Faycal nello scorso settembre o i rinvii a giudizio dell’ex imam di Varese e dei suoi collaboratori» .

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Pubblicato il 12 Dicembre 2005
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