“Uva non fu ucciso”, chiesto il proscioglimento per gli agenti

Dopo l'inchiesta dei pm Abate e Arduini, anche quella del pm Isnardi arriva alle stesse conclusioni. Non c'è alcuna relazione tra l'arresto di Giuseppe Uva e la sua morte in ospedale. Il 30 giugno il gup deciderà se mandarlo ugualmente a processo

Richiesta di proscioglimento. Il pm Felice Isnardi ha indagato per mesi sul caso di Giuseppe Uva ed è arrivato, grossomodo, alle stesse conclusioni dei pm Abate e Arduini nella loro inchiesta precedente. E cioè: dalle carte, dai verbali, dalle due autopsie, dalle perizie mediche, dalle testimonianze, non ci sono elementi per dire che Giuseppe Uva (nella foto) sia stato ucciso. Sintetizzando, si potrebbe dire che Uva non è Aldrovandi per la procura di Varese, e non si può avviare quindi alcun processo contro le forze dell’ordine, in particolare per i reati più gravi: l ’omicidio preterintenzionale, l’arresto illegale, l’abbandono di incapace. Ma non è certo finita, adesso tocca al gup Stefano Sala decidere e gli avvocati Fabio Anselmo e Fabio Ambrosetti (Lucia Uva) si sono detti comunque fiduciosi che possa ribaltare questa impostazione. Il pm ha tuttavia lanciato un messaggio forte, soprattutto sul sospetto che qualcuno stesse occultando qualcosa in procura, a meno di voler credere che chiunque prenda in mano questo caso abbia qualcosa da nascondere. Il pm Isnardi in punta di diritto ha chiesto che si vada a rinvio a giudizio, ma per un solo reato: abuso di potere, l’unico su cui potrebbero esserci dei dubbi, non perché sarebbe stato illegale portare Uva in caserma (era loro dovere farlo, se da ubriaco stava creando pericoli) ma perché nel trattenimento non è escluso che Uva possa esser stato sottoposto a misure di rigore non consentite dalla legge (articolo 608).

COME SI E’ ARRIVATI ALLA RICHIESTA DI PROSCIOGLIMENTO
La morte dell’uomo, tuttavia, non può essere stata determinata dall’intervento delle forze dell’ordine. Ed è questo il centro della richiesta di proscioglimento dell’accusa, che è doppiamente clamorosa: sia per l’attesa che c’era intorno a questo caso, sia perché arriva da un magistrato che, solo tre mesi fa, aveva tolto il fascicolo ai pm Abate e Arduini e aveva imbastito una nuova inchiesta ripartendo da zero, interrogando decine e decine di testimoni ed esplorando persino l’ipotesi che Uva potesse essere stato picchiato, sia in caserma che in ospedale. Alle fine di questa ulteriore controprova, il risultato sembra non esser cambiato. Secondo quanto emerso dalla camera di consiglio di oggi, inoltre, il procuratore Isnardi avrebbe fatto propri anche diversi punti della richiesta di archiviazione dei pm Abate e Arduini. In particolare ha fatto propria la motivazione che portò Giuseppe Uva a compiere atti di autolesionismo in caserma.

IL DOSSIER  – LA VISITA DELLA PATENTE – LA TESTIMONIANZA DELLA BARELLIERA – LA TESTIMONE IN PS – IL RACCONTO DEL MEDICO IN CASERMA

Quale? La rabbia, perché la denuncia per ubriachezza molesta gli avrebbe fatto saltare definitivamente l’esame per riacquistare la patente di guida che era stato fissato per il 2 di luglio, pochi giorni dopo quella notte maledetta del 14 giugno 2008. Per molti sarà una sorpresa, ma le nuove indagini hanno portato a ritenere – a parere della procura – che al di là delle suggestioni non vi siano prove sostanziali. Le fotografie che mostrano il cadavere coperto di blu indicano in realtà le macchie ipostatiche che si creano sul corpo in obitorio, e inoltre Uva non aveva alcuna frattura. Per quanto riguarda l’accusa di averlo violentato lanciata in tv dalla sorella, non solo le indagini lo hanno totalmente escluso ma venerdì prossimo la stessa Lucia Uva e altri 3 imputati dovranno rispondere di diffamazione aggravata davanti al tribunale di Varese.

Tornando ai testimoni di quella notte, rimane la famosa telefonata di Alberto Biggiogero, il ragazzo che era in caserma e che udì le urla ma non vide. Già, ma urla di cosa? Il suo apporto sarebbe incompleto e non decisivo nello spiegare ciò che è accaduto, mentre una barelliera del 118, interrogata dal pm Isnardi, ha raccontato che già poco dopo le 4 di notte vide Giuseppe Uva dentro la caserma dare testate contro il muro e minacciare tutti i presenti. E la testimone di “Chi L’ha visto?” Il pm l’ha interrogata e ha concluso che in ospedale non sia accaduto nulla. Dunque, l’ha ritenuta inattendibile. Ci sono circa 35 testimoni che la smentiscono, e che non hanno visto alcuna violenza e lo hanno ribadito (chi perché non c’era e chi invece perché era presente e ricorda bene) mentre solo lei ha detto di aver sentito che lo volevano picchiare. Il giudice Stefano Sala ha aggiornato al 30 di giugno per la sua decisione finale. Potrebbe a questo punto prosciogliere i 7 imputati rimasti, oppure disporre un rinvio a giudizio contro l’opinione della procura, o ancora disporre il rinvio a giudizio per alcuni reati e il proscioglimento per altri. La corte d’assise comunque ci sarà. Già, perchè l’avvocato Schembri ha ottenuto il giudizio immediato per uno dei due carabinieri che aveva chiesto di saltare l’udienza preliminare, ma potrebbe essere un processo con un solo imputato. Gli avvocati Luca Marsico, Mancini e Porciani, che assistono gli altri imputati, oggi parlano di decisione importante che avvicina i loro assistiti all’essere scagionati.

Infine, va registrato che il gup non ha ammesso al processo come parte civile l’associazione A Buon Diritto di Luigi Manconi mentre ha disposto l’accoglimento della richiesta di costituirsi parte civile dei nipoti di Giuseppe Uva condizionato alla dimostrazione di avere subito un danno a fronte del legame che avevano con lo zio.

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Pubblicato il 09 Giugno 2014
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