Le figlie di Piccolomo. “Era crudele come un demonio”

Processo delle mani mozzate: in aula parlano le due donne che accusano l'imputato di averle fatte soffrire per anni e di aver cagionato la morte della madre. Testimonianza choc sulle molestie e i pestaggi

L’udienza del processo contro Giuseppe Piccolomo è stata segnata da emozioni forti. Soprattutto perché a testimoniare sono state le figlie, Nunziatina e Filomena Cinzia, che hanno raccontato come il padre abusasse di loro fin da piccole, le picchiasse con la cinghia, e percuotesse anche la madre, Marisa Maldera, morta atrocemente carbonizzata in un incidente stradale, nel 2003.
Non è stato un buon padre Pippo Piccolomo: se abbia o meno ammazzato la ex tipografa Carla Molinari, il 5 novembre del 2009 a Cocquio Trevisago, sarà la corte d’assise (presidente il giudice Ottavio D’Agostino) a stabilirlo, ma a giudicare dal racconto della vita domestica di queste persone, si può dire che l’imputato è stato davvero ingeneroso con i suoi cari.
«Eravamo una famiglia con tanti problemi» ha spiegato alla corte Filomena. «La famiglia Addams ci faceva un baffo» ha aggiunto ironizzando tra le lacrime. Una testimonianza che per le due donne è stata come uno sfogo: di tanti anni passati sotto il giogo di un padre padrone, che sapeva anche essere simpatico, raccontare barzellette ed fare l’animatore della compagnia; ma una volta tra le mura domestiche diveniva un despota. E la madre, Marisa , era una donna buona, generosa, amata da tutti, ma non ebbe mai il coraggio di mandarlo via di casa.
Anche dopo aver appreso il triste capitolo delle molestie sessuali. «Era una donna meridionale, ci diceva che i panni sporchi vanno lavati in casa – hanno spiegato le figlie – e che certe cose succedevano in tutte le famiglie, ma per fortuna nostro padre ci aveva solo molestato senza farci di peggio».
Le donne ricordano che il papà le chiamava nel lettone, le toccava e si masturbava fin da quando erano piccole. C’erano le botte e anche le minacce. Con il coltello e con l’ascia: «Aveva il demonio negli occhi, non era in lui». «Ammazzava di botte anche la mamma – ha detto Filomena – e anche dopo che sono scappata di casa a 18 anni, se sapeva che aveva parlato con me la picchiava». Nunzia ha raccontato di aver subito molestie mentre la madre era in ospedale per partorire il fratello minore. O ancora: di aver visto una volta da piccola, sotto un tavolo, il padre che prendeva la mano della nonna e se la posizionava sui genitali.
Il valore della testimonianza delle due donne è soprattutto nella descrizione di Giuseppe Piccolomo che probabilmente avrà destato molta impressione nella corte d’assise: uomo a volte spietato, come quando dichiarò alle figlie che la loro madre era morta bruciata viva nell’indicente a Caravate, perché era troppo grassa; indugiando crudelmente sui particolari: «Ci disse che vide la mamma sciogliersi e che la pelle le si staccava di dosso». Le figlie l’hanno sempre accusato ma lui, anche dopo la condanna (ma solo per omicidio colposo) avrebbe risposto: «Io quando faccio le cose, le faccio bene, non sono riusciti a trovare le prove i carabinieri e le volete trovare voi?».
Le due donne hanno inoltre riconosciuto il coltello trovato da un vicino di casa della Molinari nel cassonetto dell’immondizia, una lama compatibile con la disarticolazione delle mani della vittima, utilizzato secondo le testimonianze nel ristorante “La pantera rosa di Cocquio” quando i Piccolomo gestivano il locale.
Il pm Luca Petrucci ha anche chiesto alle figlie dell’imputato se avessero mai sentito parlare di Lidia Macchi, un capitolo di questa storia ai limiti dell’assurdo: «La ragazza fu trovata a qualche centinaio di metri da casa nostra a Caravate – ha risposto Filomena – e a volte ci diceva che l’aveva ammazzata lui». Ma secondo Tina era solo una macabra minaccia fatta per spaventare le figlie e continuare il suo crudele gioco.

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Pubblicato il 28 Marzo 2011
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