«Le urla» di duecento moto per l’ultimo saluto a Manuel
Sono arrivati motociclisti da tutta la provincia per i funerali di Manuel Palomba morto la domenica di Pasqua. Al passaggio della bara le motociclette sono state accese tutte insieme. Alla fine della cerimonia funebre due moto si sono urtate senza conseguenze
Giovani centauri e vecchi easy rider. Uomini e donne. Si sono arrampicati in duecento con le loro moto fino alla piccola chiesetta di Cavona, frazione di Cuveglio, per dare l’ultimo saluto a Manuel Palomba, morto in un incidente in moto la domenica di Pasqua. Belle, cromate, rombanti, le moto sono state schierate nel prato davanti al cimitero e a ridosso del muro che costeggia la strada, come cavalli in posta in attesa del loro cavaliere.
I motociclisti si sentono un popolo, una nazione. E quando qualcuno di loro se ne va, reagiscono come una comunità, una famiglia. È un legame irrazionale, quasi adolescenziale. Non è gente che fa molti discorsi. Fanno parlare i loro motori. La moto è una passione che li unisce in modo profondo e trasversale. Al passaggio della bara, portata dai «fratelli» del motoclub di Gemonio, le hanno accese tutte, facendole urlare in un modo esasperato. Una cosa che non ti aspetteresti mai da uno che ama la sua moto, che la tiene come un gioiello e magari la lucida ogni sera. Eppure, quella era la loro disperazione. Un urlo così forte che i pistoni parevano uscire dai cilindri. Qualcuno, la sua moto, l’ha fatta sgommare da fermo, come fa Valentino Rossi al termine di ogni gara.
È un dolore condiviso, dove le lacrime versate da una vecchia «Harley-Davidson» non sono poi così diverse da quelle di una giovane «Brutale». Hanno tutte il sapore amaro del mito, della giovinezza stroncata e dell’ineluttabilità. Ma se provi a far parlare questo popolo, se provi a chiedergli il perché di quella morte, nessuno ha risposte da dare. «È il destino» ripetono come un mantra. E come dargli torto? Nel cimitero di Cavona pare vederla ghignare «la grande signora». Si è presa due fratelli gemelli a distanza di sette mesi, prima Alex e poi Manuel, «caduti» tutti e due in sella alla loro moto, quasi nello stesso punto. Sulla faccia della gente c’è sgomento e incredulità. Roba da non crederci. Sembra una di quelle storie di eroi greci, dove tutto era già stato deciso, per dare un senso alla storia. Ma in quella tragica di Manuel e Alex non c’è alcun senso.
«Lei è mai stato in moto? Io sei mesi fa sono stato investito mentre ero fermo a uno stop. Ora sono qui in sella, non ci rinuncio. Chi non ha questa passione non capirà mai».
È un dolore condiviso, dove le lacrime versate da una vecchia «Harley-Davidson» non sono poi così diverse da quelle di una giovane «Brutale». Hanno tutte il sapore amaro del mito, della giovinezza stroncata e dell’ineluttabilità. Ma se provi a far parlare questo popolo, se provi a chiedergli il perché di quella morte, nessuno ha risposte da dare. «È il destino» ripetono come un mantra. E come dargli torto? Nel cimitero di Cavona pare vederla ghignare «la grande signora». Si è presa due fratelli gemelli a distanza di sette mesi, prima Alex e poi Manuel, «caduti» tutti e due in sella alla loro moto, quasi nello stesso punto. Sulla faccia della gente c’è sgomento e incredulità. Roba da non crederci. Sembra una di quelle storie di eroi greci, dove tutto era già stato deciso, per dare un senso alla storia. Ma in quella tragica di Manuel e Alex non c’è alcun senso.
«Lei è mai stato in moto? Io sei mesi fa sono stato investito mentre ero fermo a uno stop. Ora sono qui in sella, non ci rinuncio. Chi non ha questa passione non capirà mai».
In chiesa il parroco ha invitato tutti a prendere un girasole e a portarlo con sé in ricordo di Manuel. Il destino, però, non va mai sottovalutato, perché è ancora lì, a Cavona, tra i girasoli che salgono sulle moto. E, nonostante tutto quel dolore, dà ancora una prova della sua insensibile potenza: un centauro lascia il cimitero con una leggera accelerazione, la sua moto si impenna e ne urta un’altra con su un ragazzino. Gli aggancia il casco, che cade a terra, e si rompe. Un grande spavento, ma nessuno si è fatto niente. La tensione si scioglie prima con le urla e poi con le lacrime di un vecchio motociclista che corre esasperato ad abbracciare gli amici e il ragazzino.
Per questa volta il destino si è accontentato.
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