“Il Ccr è un tesoretto del territorio”
1.700 dipendenti, 3.000 contatti esterni e centinaia di stranieri. L'indotto del Centro assomiglia a quello di una grande azienda, che contribuisce anche ai bilanci dei comuni
L’ultimo sciopero al Centro di ricerca di Ispra risale a quarant’anni fa. Quella volta in gioco c’era la chiusura del sito e i lavoratori occuparono il centro per diversi giorni. Oggi l’esistenza del Jrc non è più a rischio anche se c’è chi, tra i dipendenti che hanno protestato questa mattina contro i tagli annunciati dall’Unione Europea, non metterebbe la mano sul fuoco sul futuro del centro. «Dobbiamo difendere questo luogo di eccellenza – spiegano -. E al nostro fianco dovrebbero esserci anche i rappresentanti del governo e degli enti locali. Il centro rappresenta una risorsa per tutto il territorio – continuano i lavoratori -. Pensiamo a quanto muove solo in termini di consumi, affitti e servizi alberghieri». L’indotto del Jrc potrebbe essere assimilato a tutti gli effetti a quello di una grande impresa: «Il centro occupa circa 1.700 persone – spiega un ricercatore proveniente dalla Spagna -, il 30 per cento è impiegato nelle attività amministrative, il resto in quelle scientifiche e sulle infrastrutture». Lavoratori che arrivano da tutta Europa e che diventano, per la durata del proprio soggiorno di lavoro, dei residenti a tutti gli effetti con bisogni propri e con un buon potere d’acquisto. Ma l’indotto è molto più ampio. «Tutti i Jrc collaborano con circa 3.000 soggetti esterni, siano essi imprese, singoli o consulenti. Anche questa economia viene mossa dal nostro istituto». Infine, ma non da ultimi, arrivano i comuni: ospitare un centro come questo ha portato infatti anche de benefici importanti ai bilanci. Sono contributi statali erogati come una sorta di risarcimento e destinati a quelli che vengono definiti i "comuni nuclearizzati".
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