Revelli mi disse: “Maroni tu farai il politico”
A dare l'ultimo saluto al professor Cesare Revelli anche sette studenti della terza C del liceo Classico Cairoli (anno scolastico 1973-1974). Tra loro il presidente della Regione Lombardia
A dare l’ultimo saluto a Cesare Revelli c’erano sette studenti della terza C del liceo classico Cairoli (anno scolastico 1973-1974), tra loro anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni. «Il professore era severo e ci terrorizzava – racconta Maroni – ma ci ha fatto amare la filosofia».
Revelli era un pedagogo, non usava libri di testo ma insegnava la filosofia partendo dai temi e calando il pensiero filosofico dei singoli autori nella realtà vissuta. «Dovevamo prendere appunti – racconta il governatore – perché il libro era lui. Un giorno entrò in classe e disse: “Oggi parliamo del contratto dei metalmeccanici”.
Una grande lezione perché la scuola non è separata dalla vita». Revelli era un uomo che aveva «carisma» un professore che affascinava per il suo modo di affrontare la realtà, capace di far coesistere fede cattolica e marxismo senza per questo dover rinunciare alla coerenza.
Maroni ricorda due episodi in particolare: quando il professore, in tempi recenti, lo invitò a pentirsi per la sua passione leghista e il consiglio che gli diede per la scelta della facoltà, forse il più doloroso per un giovane che, non ancora barbaro sognante, guardava con simpatia a Marx ed Engels. «Incontrai Revelli a Varese – ricorda il leader leghista – avevo appena fatto la maturità e dissi al professore quanto avevo amato la filosofia. Lui mi rispose: “Non sei adatto a fare il filosofo, al massimo puoi fare il politico”. E così mi iscrissi a giurisprudenza». (Nella foto da destra: Maroni con Carlo Revelli, figlio del professore)
Una grande lezione perché la scuola non è separata dalla vita». Revelli era un uomo che aveva «carisma» un professore che affascinava per il suo modo di affrontare la realtà, capace di far coesistere fede cattolica e marxismo senza per questo dover rinunciare alla coerenza.
Maroni ricorda due episodi in particolare: quando il professore, in tempi recenti, lo invitò a pentirsi per la sua passione leghista e il consiglio che gli diede per la scelta della facoltà, forse il più doloroso per un giovane che, non ancora barbaro sognante, guardava con simpatia a Marx ed Engels. «Incontrai Revelli a Varese – ricorda il leader leghista – avevo appena fatto la maturità e dissi al professore quanto avevo amato la filosofia. Lui mi rispose: “Non sei adatto a fare il filosofo, al massimo puoi fare il politico”. E così mi iscrissi a giurisprudenza». (Nella foto da destra: Maroni con Carlo Revelli, figlio del professore)
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