Sicari contro un maresciallo, per vendicare 3 multe

Arrestato un 36enne di Porto Ceresio accusato di essere il mandante che ordinò a Dattilo e Capuano di sparare contro gli alloggi del capo dei carabinieri del paese. Fu tentato omicidio

Una vendetta: tre proiettili, per aver ricevuto tre multe. Occhio per occhio, a colpi di pistola. E’ un buttafuori di 38 anni l’uomo che ha dato l’ordine di sparare al maresciallo della caserma di Porto Ceresio, il 25 e 26 novembre del 2007. Ne sono convinti i carabinieri (reparto operativo di Varese e compagnia di Luino) che ieri lo hanno arrestato, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare per concorso in tentato omicidio, dopo un’indagine condotta dal pm Tiziano Masini, confermata dal provvedimento firmato dal gip Cristina Marzagalli.

Si chiama Gianluca Salzano, risiede nella cittadina sul lago di Lugano, ed è noto per aver organizzato una società di security nei locali della zona e in Svizzera (in alcuni casi senza permesso prefettizio), oltre ad avere spesso curato la sicurezza personale anche di personaggi noti.
(nella foto, da sinistra, il capitano Massimiliano Corsano comandante del nucleo operativo dei carabinieri di Varese, il pm Tiziano Masini, il maggiore Loris Baldassarre comandante del reparto operativo dei carabinieri)

Il maresciallo Sambataro finì nel mirino perché, pochi mesi prima dell’agguato, contestò per tre volte, al Salzano, la violazione del codice della strada, comminandogli, tra l’altro, anche l’obbligo di firma in caserma per reati pregressi.
E’ per questo, si legge nell’ordinanza, che il giovane avrebbe deciso di dare una lezione al carabiniere. Ingaggiò un suo uomo, Gianluca Dattilo, a sua volta buttafuori, consumatore di cocaina, e con fama di violento (è stato condannato in via definitiva per un tentato omicidio a Sesto Calende) e gli disse, esplicitamente, di sparare tre colpi – come il numero delle multe – contro la caserma dei carabinieri. Un avvertimento e una firma, secondo gli inquirenti, che Dattilo portò a termine insieme al complice Alan Capuano, un esperto ladro di auto, per due sere di seguito, mirando ad altezza d’uomo verso l’alloggio personale della famiglia Sambataro. Le sentenze dei due processi, già celebrati, agli esecutori materiali, confermano il reato di tentato omicidio (due proiettili entrarono in casa). Agli inquirenti risulta anche che Salzano, che abita non lontano dalla caserma, volesse godersi la vendetta da casa, e che le sere dell’agguato attese l’ora x per sentire i tre colpi con le sue orecchie.
A sostegno delle accuse, scrivono i magistrati, vi sono indagini tecniche, testimoni e un episodio chiave. Proprio Dattilo, dal carcere, architettò un’estorsione contro il presunto mandante: gli mandò a dire che se non avesse avuto 20mila euro per pagare le spese legali e per mantenere la moglie, avrebbe fatto il suo nome. Il ricatto, in realtà, non è andato in porto e Dattilo non ha mai parlato. Salzano, interrogato durante l’indagine, ha sostenuto di essere vittima innocente di un tentativo di metterlo di mezzo. Ma contro di lui c’è anche la dichiarazione dell’altro esecutore, Alan Capuano: durante il suo processo (la condanna è stata confermata in appello) ha indicato con certezza il mandante in Salzano. Infine, i tabulati telefonici in possesso degli inquirenti indicano contatti telefonici tra esecutore e mandante in quelle ore. 

Nel corso dell’indagine il pm e i carabinieri hanno anche ricostruito una lunga serie di rapine effettuate da Dattilo e Capuano. 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 05 Febbraio 2011
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